Le elezioni amministrative hanno indicato una strada. Giusta o sbagliata che sia. Ma è una possibilità, forse l’unica in questa fase, per il Campo Largo (anche se a noi quest’espressione non ci entusiasma) di tornare competitivo. Almeno sul piano elettorale. Ma procediamo con ordine. Partiamo dalla provincia di Napoli. I risultati provenienti dai comuni al voto hanno premiato il centrosinistra unito col Pd primo partito della coalizione. A Marigliano il candidato sindaco Gaetano Bocchino ha vinto al primo turno con oltre il 55%. Il Pd è il primo partito in città col 19,1% insieme a Fare Democratico (19,3%), il movimento che fa capo al commissario Zes in carica ed ex sindaco di Brusciano Giosy Romano che ha sostenuto l’ex parlamentare Paolo Russo. A Marigliano il partito di Elly Schlein ha riunito attorno alla figura del neo sindaco 3 liste civiche che insieme hanno raccolto quasi il 20% e Azione che ha racimolato un ottimo 10%. Capitolo Giugliano. Nella terza città della Campania il centrosinistra unito vince al primo turno col 51,1% dei consensi. Il Pd si conferma primo partito della città col 17% e ha espresso il candidato sindaco Diego D’Alterio. A seguire alcune liste civiche espressioni del territorio, fra cui quelle guidate dall’ex candidato sindaco Luigi Guarino, Italia Viva e Azione che insieme raccolgono oltre il 10% ed esprimono 4 seggi al consiglio comunale. Se a Marigliano Fratelli d’Italia non si è nemmeno presentata alla tornata elettorale, a Giugliano il partito guidato dalla premier Meloni si attesta attorno al 12% dopo aver sostenuto l’ex sindaco Giovanni Pianese poi uscito sconfitto. A Casavatore Fabrizio Celaj vince al primo turno superando di poco il 50%. Il neo sindaco della comunità a a nord di Napoli si è candidato a capo di una coalizione di centrosinistra. Anche qui il Pd si attesta primo partito in città col 18%. A seguire le liste civiche che hanno contribuito fortemente a questo grande risultato hanno racimolato insieme quasi il 35%: Casavatore Civica (14,5%), Casavatore in Azione (9,1%), Movimento per Casavatore (5,6%) e Casavatore Viva (5,4%). Sul fronte opposto Fratelli d’Italia si attesta al 2,5% e resta fuori dal consiglio comunale. Un disastro sotto ogni punto di vista per un partito col vento in poppa. A Volla vanno al ballottaggio il candidato sindaco del Pd Giuliano Di Costanzo col 26,8% e Pasquale Donato, candidato sindaco del centrodestra col 30%. Il Pd si conferma seconda forza politica in città col 10,5% dietro a Fratelli d’Italia, primo partito in città col 12,8%. L’unica dolente per il centrosinistra arriva da Nola. Nella città di Giordano Bruno il Pd a guida Manfredi, complici gli errori commessi durante l’ultima consiliatura guidata dall’ex sindaco Carlo Buonauro, non ha presentato il simbolo spianando la strada al neo sindaco in carica Andrea Ruggiero che ha stravinto al primo turno con oltre l’80% delle liste. I numeri parlano chiaro. Il centrosinistra unito vince quasi ovunque. E quando non vince va al ballottaggio. Soprattutto quando il Pd in primis piazza candidati credibili, unisce il centrosinistra e “arriva” alle liste civiche che pescano in un elettorato non necessariamente riconducibile alle forze politiche. In parole povere un cittadino può votare un candidato radicato sul territorio pur non essendo iscritto al Pd, al M5s o qualsiasi altro partito riconducibile al centrosinistra. A destra invece lo scenario è completamente diverso. Un lungo pianto greco caratterizza il grande flop delle Amministrative. Che hanno rappresentato un test fondamentale, soprattutto nell’hinterland napoletano, alla vigilia delle elezioni regionali. Come farà Fratelli d’Italia a garantire un’alternativa credibile se non è riuscita nemmeno a essere competitiva alle Comunali? Gli unici risultati “consolatori” provengono da Giugliano, dove i meloniani hanno raccolto il 12%, e a Volla col 12% ma in un comune in cui votano 12mila persone. Numeri alla mano il partito di Giorgia Meloni conferma un dato schiacciante: non ha classe dirigente. Dove sono i mister preferenze che dovrebbero fungere da serbatoio elettorale alle prossime Regionali? In parole ancora più povere Fdi dove li prende i voti? Come farà a garantirsi un risultato importante in Campania? Mistero della fede. Del resto l’unico che seriamente ha lanciato il campanello d’allarme a destra è lo storico dirigente della fiamma tricolore Salvatore Ronghi che in una dichiarazione nella giornata di ieri ha sottolineato che da sola “santa Meloni” non basta. Ronghi ha ragione da vendere. Ma in totale solitudine. Nessun mea culpa da parte degli stati generali della destra. Niente di niente. Come se le Comunali fossero un fastidio più che un test elettorale. Capitolo Regione. Il voto napoletano, legato alle grandi realtà come Genova, Ravenna o Taranto, rafforza la tesi di Elly Schlein e di chi nel Pd lavora per l’alleanza a sinistra. Pd-M5s-Avs-IV-Azione-PiùEuropa più liste o movimenti che si riconoscono nei valori del centrosinistra. Del resto le ripercussioni politiche in Campania sono dietro l’angolo. E che puntano alla tregua fra Manfredi e De Luca. Il primo punta al “modello Napoli” mentre il secondo vorrebbe incidere sulla scelta del suo successore altrimenti correrà con una propria coalizione. Anzi. I ben informati sostengono che la missione in solitaria di De Luca sia in fase avanzata con 7 liste pronte con a capo Enzo Cuomo, attuale sindaco di Portici ed ex senatore Pd. Come andrà a finire? Al momento non lo sappiamo ma dinanzi ai trionfi elettorali i tentativi di ricucire lo strappo tutto interno al centrosinistra sono d’obbligo. A maggior ragione se a destra non ci sono voti e truppe cammelate. La strada resta invariata. Si riparta dai risultati del governo De Luca, si punti all’unità del centrosinistra e si condivida il candidato governatore. Senza se e senza ma. Andare divisi alle elezioni produce un effetto che fa gola a pochi. Pure perché se qualche dirigente del Pd preferisce ottenere qualche punto percentuale in più ma perdere le elezioni, si accomodi ma almeno non si lamenti inutilmente. Dall’altro lato De Luca ha i voti ma deve capire che il suo tempo da “primo della classe” è finito. Ed ecco perché occorre la figura che faccia da sintesi fra i due duellanti. Prima che sia troppo tardi.