Lei è stato recentemente nominato vicesegretario del Partito Democratico di Caivano insieme a Michelangelo Emione. Che significato ha per voi questo incarico?

È un grande onore, ma soprattutto una responsabilità. Questo ruolo rappresenta per me e per Michelangelo l’impegno concreto a contribuire al riscatto della nostra città. Caivano ha bisogno di una politica seria, credibile e presente, e il Partito Democratico può essere il motore di questo cambiamento. Ci metteremo al servizio della comunità con spirito costruttivo e visione.

Quali saranno le vostre priorità nei primi mesi da vicesegretari?

Dopo oltre dieci anni lontani dalla politica attiva, abbiamo trovato troppi rancori, diffidenze, una comunità delusa e stanca. Le priorità quindi sono chiare: ricostruire un dialogo forte con il territorio e favorire un clima di unità dentro e fuori dal partito. Abbiamo promosso la nascita di un coordinamento cittadino, un ponte tra mondi che troppo spesso sono rimasti distanti: la cittadinanza attiva, composta da persone che non si rassegnano al degrado della città; le associazioni sportive, religiose e laiche che operano quotidianamente con passione; i comitati civici; e infine la politica, che deve assumersi l’onere e l’onore di guidare la comunità.

Nella vostra idea di coordinamento, Lei parla di un “ponte” tra la cittadinanza attiva e la politica. Può spiegare meglio cosa intende?

Il coordinamento nasce proprio per abbattere queste barriere. Vuole essere uno spazio dove si possano confrontare le differenti visioni di città, mettendo a confronto progetti, priorità, modi di agire. Dal confronto potranno essere superate le diffidenze iniziali e, in molti casi, potranno nascere percorsi condivisi, uniti dalla constatazione di avere la stessa idea di città e di politica. Immaginiamo questo coordinamento come una zona franca, politicamente laica, libera da appartenenze precostituite, dove nessuno è chiamato a rinunciare alla propria identità, ma tutti sono invitati a metterla al servizio di un confronto costruttivo. Uno spazio dove contano le proposte, non le etichette, e dove ognuno può arricchirsi e arricchire la propria comunità attraverso l’apporto degli altri: una proficua contaminazione di idee, progetti e soluzioni, che nasce dall’incontro e dal rispetto reciproco. Intorno a queste convergenze si potranno unire le forze, partendo da proposte concrete, ascoltando e valorizzando le esperienze locali. Il conoscersi meglio, con incontri diretti, con un dialogo reale e non raccontato o – peggio – manipolato da altri, aiuterà a scegliere con più consapevolezza. E aiuterà anche a capire con chi non si vuole condividere un cammino, portando – se necessario – a dissociarsi da progetti o visioni che non convincono, che non rispecchiano i valori, i metodi o le priorità che riteniamo fondamentali per il riscatto di Caivano.

Parla spesso di “forze sane del territorio”. Cosa intende esattamente?

Intendiamo tutte quelle realtà – politiche, civiche, sociali – che mettono il bene comune davanti agli interessi personali. Quelle persone e quei gruppi che credono ancora che cambiare sia possibile, ma che per farlo serva costruire insieme. Come diceva Gaber, “libertà è partecipazione”: le forze sane sono quelle che non restano a guardare, che si rimboccano le maniche, che agiscono. Sono quelle che antepongono il “noi” all’“io”, che non si accontentano della critica sterile, ma scelgono di esserci, di incidere, di contribuire. A Caivano ce ne sono tante: dobbiamo solo metterle in connessione, valorizzarle e farle sentire parte di un progetto comune.

In che modo il nuovo corso del PD si distingue da ciò che è stato fatto in passato?

Il passato ci lascia insegnamenti importanti. Non rinneghiamo nulla, ma impariamo da tutto. Dove ci sono stati errori, serve il coraggio di cambiare; dove c’è stato valore, serve continuità. Il Partito Democratico che stiamo ricostruendo vuole superare le divisioni, rimettere al centro le competenze, la trasparenza e il rispetto reciproco. Siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità, con umiltà ma anche con determinazione. E lo facciamo come squadra, con un gruppo dirigente che condivide metodo e visione.

Sembra bello, ma siamo ancora in tempo? Non è troppo tardi?

Certo che il tempo è breve, e lo è ancora di più se saranno confermate le elezioni per novembre prossimo. Ma è il solo modo che conosciamo di fare politica. È l’unico modo che ci appassiona davvero alla politica: lavorare tra le persone, creare legami, provare a generare fiducia dove oggi c’è solo distanza. La dinamica politica nazionale è diversa da quella locale, più che campo largo o stretto, a livello locale ci interessa incrociare lo sguardo, l’empatia di chi ha responsabilità politiche, l’idea di condivisione e alleanza che nasce dal basso. È anche l’unico motivo che ci convince a dedicare parte del nostro tempo al bene comune, in una città difficile ma che non vogliamo abbandonare a se stessa. Come canta Vasco Rossi, “voglio trovare un senso a questa storia, anche se questa storia un senso non ce l’ha”. Ecco: noi vogliamo provare a dare senso a questa storia. E se anche fosse tardi, sarebbe peggio non provarci affatto.

Non crede che tutto questo, per quanto nobile, rischi di sembrare bello ma fondamentalmente pretestuoso?

Capisco bene questa obiezione. È un rischio reale e sarebbe ipocrita ignorarlo. Ma la differenza sta nella propria storia e nel metodo: non stiamo improvvisando una vetrina per una campagna elettorale. Questo lavoro l’ho fatto in passato, quale costituente del Partito Democratico nazionale e primo segretario cittadino, parlando sempre con le persone, ascoltando chi lavora sul territorio da anni. Non abbiamo mai cercato applausi facili o, peggio, visibilità politica per tornaconti personali. Non proponiamo slogan, ma strumenti e luoghi di partecipazione. La nostra storia politica ha già dimostrato che il fine mio e di Michelangelo non è mai stato cercare una posizione di rendita, ma offrire un contributo civico, animato da un forte senso di appartenenza a una comunità in cui crediamo profondamente. Oggi il nostro obiettivo è creare le condizioni per la crescita di una nuova classe dirigente. Le eventuali nuove candidature che nasceranno da questo percorso non saranno il punto di partenza, ma – semmai – un punto di approdo collettivo. E se invece da questo lavoro emergerà “solo” una rete civica più forte, sarà comunque una vittoria per la città. Pretestuoso è ciò che serve solo a sé stessi. Questo, al contrario, prova a servire una comunità intera.

Volete muovervi dentro e fuori al partito, quindi per ricreare entusiasmo nel fare politica. In pratica, come intendete farlo? Dove e quando si incontra il coordinamento? E come pensate di rimettere in moto la comunità del Partito Democratico?

Le parole chiavi sono “apertura” e “tanto lavoro”. In queste serate estive, vogliamo riportare la politica tra le persone, nei luoghi reali della città, uscendo dalle dinamiche autoreferenziali e dalle stanze chiuse. Il coordinamento cittadino si incontrerà regolarmente, a cadenza settimanale se possibile, o al massimo quindicinale, il giovedì nel dopo cena, in spazi pubblici e accessibili. Presto ne annunceremo il calendario e le modalità di partecipazione. Allo stesso tempo, vogliamo rimettere in moto la comunità democratica, attivando gruppi di lavoro, momenti di confronto tematico, iniziative che rilancino il senso di appartenenza e di protagonismo. Non possiamo permetterci di essere spettatori. Dobbiamo tornare ad essere parte attiva del cambiamento. E questo si costruisce insieme, passo dopo passo, ascoltando e facendo. Per questo proporremo nella nostra sede un’Assemblea Permanente, aperta a tutti gli iscritti e simpatizzanti, da tenersi con cadenza settimanale. Uno spazio stabile, libero e partecipato, dove coltivare idee, costruire proposte e tenere viva una comunità politica che vuole contare.

Cosa direste ad un giovane di Caivano che oggi non crede più nella politica?

Che lo comprendiamo perfettamente. Ma è proprio per questo che oggi abbiamo bisogno del suo sguardo, delle sue idee, della sua energia. Se si tira indietro, vince chi vuole lasciare tutto com’è. Se invece sceglie di partecipare, di mettersi in gioco, possiamo davvero cambiare le cose. Stiamo costruendo spazi aperti, non per comandare dall’alto, ma per ascoltare e coinvolgere. Perché la politica, quando è fatta con onestà e passione, resta lo strumento più potente per cambiare la realtà. E se negli ultimi 25 anni l’unico sindaco di Caivano che è riuscito a concludere regolarmente il proprio mandato aveva appena 35 anni ed era un giovane cresciuto nel nostro partito, non può essere un caso. È la prova che quando i giovani validi si mettono in gioco, noi ci impegniamo a valorizzarli al massimo, perché possono davvero fare la differenza per la nostra comunità.