Nel corso delle ultime settimane il dibattito politico in città si è infiammato rispetto alla svolta in casa Pd. Una svolta che ha indirizzato l’andamento delle trattative politiche in corso offrendo a tutto il centrosinistra i criteri per pensarsi unito. È un’impresa ardua, difficile che richiede di accantonare gli inciuci del passato per una stagione nuova con una classe dirigente rinnovata nel merito e nel metodo. Non è retorica e non lo sarà mai. Pure perché al rinnovo della classe dirigente Caivano deve ripartire da un dato necessario per riprendere il cammino. Ovvero la stabilità amministrativa. Suona quasi come un mantra ma è così. Sono quasi 20 anni che la comunità a nord di Napoli ha a che fare più coi commissari che coi sindaci. L’ultima amministrazione durata 5 anni fu retta dall’ex sindaco Ds Mimmo Semplice. Allora c’era il centrosinistra al governo della città. Ma da lì in poi abbiamo assistito a un susseguirsi di commissari prefettizi che hanno riportato la città indietro di 50 anni. Lo diciamo, lo ribadiamo e lo ripetiamo fino alla morte. Caivano non può più essere etichettata come città “mangiasindaci”. Perché per chi se lo fosse scordato un’amministrazione comunale eletta dal popolo dura 5 anni. Giusto il tempo necessario per programmare e inaugurare opere pubbliche. E coi tempi della burocrazia odierna non è detto che ciò accada. Basta ascoltare ciò che dice De Luca nei vari interventi pubblici quando sottolinea la difficoltà ad attuare interventi significativi come la riqualificazione di una piazza, l’approvazione del Piano Urbanistico o la costruzione di un teatro comunale. Come si suol dire ci vuole “la mano di Dio”. E qui casca l’asino. Se le condizioni di un sindaco sono quelle fin qui descritte, come fa il sindaco di Caivano a portare a termine il programma elettorale se viene mandato a casa in media dopo 2 anni dall’insediamento? Come fa a giustificare l’ennesimo scioglimento quando quest’ultimo non è frutto del fallimento ma dei soliti noti che anziché garantire l’alternativa di governo preferiscono sfiduciare l’amministrazione con l’aiuto dei consiglieri che si sfilano dalla maggioranza? Oggi i caivanesi sono stufi delle chiacchiere buone per colmare l’assenza di idee. Ne hanno le tasche piene. Giusto per usare un’espressione elegante. Vogliono altro. Esigono la cultura della stabilità. Il cambio di rotta indispensabile per tutti. E per far sì che questo accada torna d’attualità il tema dei temi: la qualità della classe politica. Perché solo una classe politica responsabile e che ha a cuore le sorti della città può garantire il salto di qualità che in altri comuni di Napoli Nord è grammatica quotidiana. Un aspetto scontato per tenere in vita la politica e il futuro di una comunità. Potete storcere il naso quanto volete ma per passare dai propositi ai fatti occorre la fatidica filiera istituzionale. Ovvero i rapporti “sovracomunali” che permettono a un sindaco di intercettare finanziamenti necessari per la riqualificazione di una città. Oggi funziona così. E se un sindaco non è strutturato sul piano politico, non vanta rapporti con parlamentari o consiglieri regionali, può impegnarsi quanto vuole ma il cittadino non vedrà mai la sua città trasformarsi in positivo. Del resto in nostro aiuto arrivano diversi esempi virtuosi che rafforzano le nostre tesi. A Cardito per esempio negli ultimi 20 anni sono saliti al potere 2 sindaci. L’ex sindaco Peppe Barra e l’attuale primo cittadino Giuseppe Cirillo. Salvo la piccola parentesi dello scioglimento anticipato del 2014 ai danni del sindaco Pd, (gran parte dei consiglieri che sfiduciarono Cirillo l’hanno successivamente sostenuto alle successive Comunali) Cardito vanta una stabilità amministrativa invidiabile. Lo scioglimento del 2014 fu l’eccezione, non la consuetudine. Oggi addirittura Cirillo è vicesindaco della Città Metropoltana, ruolo di grandissimo piano per la provincia di Napoli. Stesso discorso vale per Frattamaggiore. Da 20 anni la città della canapa è amministrata da due sindaci Pd. Prima Francesco Russo ed oggi Marco Antonio Del Prete. Al netto delle vicissitudini di carattere politico basta dare un’occhiata alla città per rendersi conto dei benefici di un sindaco che duri almeno 5 anni. E anche qui Del Prete essendo durato 10 anni alla guida dell’Ente è diventato consigliere a Città Metropolitana stringendo rapporti solidissimi con De Luca. Lo stesso vale per Frattaminore e Crispano. Nel primo comune l’ultimo ventennio è stato caratterizzato da 2 sindaci: Enzo Caso e Giuseppe Bencivenga (quest’ultimo eletto a Città Metropolitana insieme ai suoi colleghi sindaci Cirillo e Del Prete). Nel secondo comune la situazione è leggermente diversa in quanto la città è stata colpita 2 volte dallo scioglimento per mafia. Pagine tristissime per la comunità, sia chiaro. Ma al netto di questi provvedimenti il piccolo comune a nord di Napoli ha avuto svariati anni in cui ha amministrato egregiamente l’ex sindaco Carlo Esposito per arrivare all’ultima parentesi amministrativa guidata dall’attuale capo della giunta Michele Emiliano. Insomma, il concetto è chiaro. Amministrare una città almeno per 5 anni offre la chance di cambiarla. La maggioranza governa e l’opposizione risponde. Ora la palla passa di nuovo al centrosinistra. Finora l’unico partito che nonostante tutto sta provando a buttare il cuore oltre l’ostacolo con una serie storica di mea culpa è il Pd. Che ha lanciato il sasso nello stagno affinché questa battaglia di “normalizzazione” del contesto politico la faccia il centrosinistra. Qualcuno lo chiama addirittura governo di salute pubblica. Va bene tutto. Appellativi e sogni di ogni genere. Ma la salute pubblica deve garantirla la politica, non un’insopportabile quantità di persone che si mettono insieme annullando storia e valori. Altrimenti rischiamo l’ennesimo carrozzone “ambidestro” per fare il fumo con la manovella. Un peccato che nessuno può permettersi. Mai più. Ancora una volta Caivano al bivio. Tutte le ambizioni sono legittime. Soprattutto se inserite in un quadro di sostenibilità politica. La stessa che diede vita all’amministrazione guidata dall’ex sindaco Enzo Falco anche se a lungo andare emersero vicende giudiziarie che tutti conosciamo. Ma per ora restiamo nel campo politico. L’ex sindaco Falco insieme alla sua maggioranza aveva inaugurato una “stagione riformista” senza precedenti in città. Con un centrosinistra puro allargato alle forze civiche del territorio. Attenzione. Non si confonda la degenerazione successiva con la bontà del progetto politico. Come diceva il sommo poeta “del domani non v’è certezza”. Dunque ciò che non è andato rientra nella grave responsabilità dei pochi che hanno spazzato via l’impegno dei molti. Ma sul piano politico fin quando è stato possibile il Pd ha lavorato per la tenuta di quella coalizione nonostante, evidentemente per qualche leggenda metropolitana ancora in voga, l’ex sindaco Falco non si sia lasciato benissimo coi democrat caivanesi. Ma paradossalmente un sindaco al netto delle appartenenze resta in piedi se si affida ai partiti e li valorizza nel modo giusto altrimenti la storia si ripete come se non ci fosse un domani.